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Il Maestro e Signore: omelia Giovedì santo

Chi è Gesù?
Sono passati circa 2000 anni dalla sua nascita, molte cose sono cambiate, molti avvenimenti hanno modificato la storia e la vita della chiesa.
Perciò non smettiamo di chiederci: Chi è Gesù per noi, per me, oggi? Questa domanda non sembri scontata.

In questi tre giorni, attraverso i gesti e le parole della liturgia, la chiesa ci aiutano a conoscere il mistero di Cristo, a lasciarci abbagliare dalla sua persona e dalla sua missione. 

Cosa dice Gesù di se stesso? Lo abbiamo ascoltato: “Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono” (gv 13,13).

Nel momento più importante della sua vita, al culmine del suo cammino, “sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre” (gv 13,1) Gesù si fa conoscere come Maestro e Signore. 

I maestri sono importanti nella vita di una persona. Tutto sommato noi siamo anche i nostri maestri.

Ma chi è un maestro? 

Certamente non intendiamo per maestro chi ci fa una lezione frontale o un predicozzo. I maestri sono un’altra cosa. Non ne troviamo molti in giro, specialmente nei mass media o sui social che, piuttosto, ci mettono a disposizione opinionisti, influencer, blogger, coach di ogni tipo. 

C’è una differenza fra il maestro e un influencer. Questa diversità la cogliamo dal modo con il quale Gesù oggi tiene una lezione ai suoi discepoli, una lezione che, dopo duemila anni, ci sembra ancora attuale.

Innanzitutto il maestro è uno che fa le cose con passione e amore: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”. Senza l’amore si può essere ripetitori, moralisti, adulatori ma non si può essere maestri. Al maestro non interessa se stesso, il proprio tornaconto, la propria felicità. Lui ama perché ha a cuore la gioia del discepolo: “siete beati se le mettete in pratica” (gv 13,17). All’influencer non interessa la gioia del discepolo ma il suo consenso: egli da al pubblico ciò che piace, ciò che aumenta il numero dei contatti. 

Il Maestro, invece, indica la meta, non si accontenta, non ci fornisce risposte preconfezionate, piuttosto ci rende capaci di misurarci con le grandi domande e ci aiuta a trovare la strada giusta senza indicarcela. Non ci dice cosa pensare ma come pensare, non ha paura della nostra libertà, né delle nostre domande, piuttosto le sollecita e cerca con noi.

Il Maestro non ti influenza ma ti contagia. Chi vuole influenzare abbaglia, seduce, promette. Sappiamo bene, invece, cosa vuol dire contagiare. Chi contagia non sa neanche di farlo, ha dentro di sé qualcosa che tocca la tua vita, non ti lega a sé ma fa in modo che tu possa continuare per la tua strada. 

Inoltre il maestro è uno che si ferma a parlare, pazientemente, con te

Nel racconto della lavanda dei piedi, come in altri episodi, emerge Pietro con il suo carattere irruento, a volte presuntuoso e istintivo. “Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?" (gv 13,6). Anche questa volta Pietro non comprende, non accetta il gesto di Gesù, si ribella al suo modo di fare. Cosa fa Gesù? 

Si ferma a parlare pazientemente con il suo discepolo: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo" (gv 13,7). 

Il Maestro non cerca i risultati immediatamente, sa che il discepolo potrebbe non comprendere ma non lo giudica, non pretende che capisca tutto subito, non va oltre, si ferma a parlare con lui e lo accompagna. Il vero Maestro non pretende di influenzare così tanto la mente, i gusti, le opinioni dell’altro cercando di piegarle verso le proprie. 

Un leader non si preoccupata tanto di frequentare un'università, non di specializzarsi in un lavoro, non si affatica nel motivare le proprie opinioni, nel cercare le ragioni profonde di ciò che afferma: gli basta una società di comunicazioni che gli dica come vestirsi, cosa dire al momento giusto anche se in contraddizione su ciò che aveva detto mesi o anni prima, anche senza avere competenze o esperienze in ciò che dice. 

Ad un opinionista non interessa il pensiero dell’altro se non nella misura in cui possa essere un trampolino di lancio per il proprio. Il vero maestro è più attento al tuo punto di vista che alle proprie idee. 

La pazienza è il modo con il quale il maestro ama il discepolo. Ricordiamo le parole dell’apostolo Giacomo: “guardate l'agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge” (gc 5,7).

Il maestro è uno che dà l'esempio: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (gv 13,15). Di solito i maestri di vita non sono entrati nel nostro cuore perché ci hanno fatto una predica, dato dei consigli o una pacca sulla spalla. Dei maestri ricordiamo quello che fanno e nelle loro azioni troviamo un motivo per continuare a camminare, per fare alcune scelte, per credere ancora in qualcosa. 

Mentre l’influencer si affanna in un video su tik tok o su facebook, il maestro sceglie la strada della discrezione.

Al maestro non piace parlare di sé, di ciò che crede o fa, non entra in polemica, non pretende da altri alcune cose se non dopo averle fatte lui. Per questo i maestri di vita non sono moralisti o giudici intransigenti. Loro conoscono la fatica della bontà, le strade ripide della verità, la via stretta della carità non per sentito dire ma perché ci sono passati per primi.

Ma i veri maestri sanno di non possedere la verità, di non essere così perfetti da presentarsi come modello, ma la amano così tanto da suscitare negli altri il desiderio di cercarla. 

Questa sera Gesù si presenta a noi come il Maestro, per questo affascina ancora. Lui non è un leader che dura un'epoca, uno youtuber che resta in classifica per una stagione. Per questo motivo è sempre nuovo e affascinante. 

È un maestro nuovo, unico che è stato capace di cambiare la storia non perché ha scritto un libro, costruito una chiesa, conquistato un territorio, raccolto attorno a sé un esercito.

Chi lo incontra resta affascinato dal suo esempio  e, in modi nuovi e diversi, si sente amato da Lui, si scopre cercato, accompagnato e resta affascinato dal suo esempio. 

Poi, succede una cosa strana.

Il maestro diventa il Signore. C’è un gioco di termini nel vangelo che mi affascina sempre: “Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro” (gv 13,13-14).

Questa è una esperienza unica. Ad un certo punto ci accorgiamo che lui non è solo una parola, un’idea, un modo di vivere. Un po’ alla volta in Lui troviamo il senso della nostra vita, il motore del nostro cuore, la passione che circola nelle nostre vene. Non ci basta mai. Sentiamo che non solo Lui ci dà la vita ma che noi non potremmo vivere in pienezza se non in Lui. E anche se, come Pietro, a volte ci chiudiamo, ci intestardiamo, sbagliamo o lo tradiamo tutto questo non riesce a mettere a tacere il suo invito: seguimi.

Gesù ci ha detto: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (gv 13,15). Come possiamo continuare a fare ciò che ha fatto Gesù? Potremmo pensare che l’invito di Gesù a seguire il suo esempio possa trasformarci in maestri. 

Qui c’è una sottile tentazione: quella di pensare che Gesù abbia fondato una comunità di maestri. Non facciamoci illusioni. Ricordiamo il Vangelo di Matteo: “Ma voi non fatevi chiamare maestro, perché uno solo è il vostro maestro: Il Cristo, e voi siete tutti fratelli” (Mt 23,8). Nessuno tra noi è maestro se non nella misura in cui è capace di restare discepolo. È questo il senso della comunità cristiana. Gesù non ci trasforma in maestri ma in servi. Il servizio dei fratelli è il modo con il quale la comunità cristiana continua ad annunciare il Vangelo di Gesù. Così le caratteristiche con le quali Gesù è maestro sono le stesse con le quali i suoi discepoli servono i fratelli: con passione e amore, con pazienza e dando l’esempio. Questi atteggiamenti non ci rendono maestri degli altri ma servi e fratelli. Questi atteggiamenti vengono chiesti a tutti i discepoli del Signore.

Nei prossimi mesi porteremo a termine una struttura che abbiamo iniziato a ristrutturare pochi mesi prima che iniziasse la pandemia. Uno spazio che abbiamo pensato e voluto per i giovani. Un luogo in cui siamo chiamati a vivere con loro la carità, il servizio verso gli altri, l’accoglienza e ad accompagnare i giovani nella costruzione dei loro sogni. Ma gli spazi non sono sufficienti per accompagnare i giovani a realizzare i loro sogni. Saremmo come quelle persone che pensano di poter dare affetto riempiendo i bambini di giochi o oggetti. Perché un giovane dovrebbe venire in parrocchia? Solamente per avere una stanza, per accendere una tv o per trattenersi con gli amici? sarebbe troppo poco se non ci fosse qualcuno che stesse con loro, affianco a loro e per loro. Siamo chiamati ad essere una comunità educante per i nostri ragazzi, un luogo in cui incontrano persone che credono in ciò che fanno, che condividono una passione, che mettano in circolo i doni che hanno ricevuto. Una comunità di servi che abbiamo la stessa passione del Maestro, la stessa pazienza di Gesù.

Abbiamo iniziato questa riflessione con una domanda: Chi è Gesù?

Come risponderemmo ad un giovane che ci fa questa domanda? Con una predica? Con un galateo? Con un giudizio? O resteremmo muti? 

Mi piacerebbe che potessimo rispondere. Come ha risposto Gesù ai giovani discepoli di Giovanni: “venite e vedrete” (Gv 1,39).

  • Venite a “Porta S. Pietro” e vedrete giovani immigrati accolti dalla nostra comunità;

  • venite a “granelli di senape” e troverete educatori, famiglie e volontari che si mettono a servizio dei ragazzi;

  • venite in canonica e troverete alcuni preti che pregano, cucinano, vivono insieme il loro ministero e ci auguriamo, nel tempo, giovani che condividano un cammino insieme.

  • venite in Cattedrale, s. Chiara, a S. Agostino, nei nostri cori e troverete una Comunità che prega, canta, ascolta la Parola;

  • venite nei nostri gruppi di Azione Cattolica, di AGESCI o neocatecumenali e troverete persone che sono incuriosite dal Vangelo, che amano la chiesa e annunciano la parola;

  • venite in via Sedile e troverete giovani e adulti che fanno il tifo per voi.

Ma, soprattutto, ci piacerebbe dire: venite e, anche se non troverete maestri di vita, uomini e donne perfette non scoraggiatevi, non demordete, non chiudetevi in voi stessi. Tra le nostre fragilità e incoerenze, tra i nostri sogni e progetti, ci piacerebbe che incontraste chi non solo “muove il sole e le altre stelle”, ma chi della chiesa è la sorgente, la forza, la passione, il Maestro e il Signore.


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