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il profumo di Marsiglia

Il profumo di Marsiglia

L’orologio a pendolo si destò dalla sua pennichella facendo risuonare i tre rintocchi


delle ore pomeridiane mentre dalla culla, posta accanto ad un letto ancora disfatto, si elevavano i primi segni di una prossima assordante richiesta d’aiuto. Sarà per questo motivo che il piagnucolio, come lo sparo di una pistola all’inizio di una corsa, aveva destato tutti dalla propria postazione. Il primo ad arrivare era stato Riccardo. Non poteva essere altrimenti: era l’unico che non riposava nelle ore pomeridiane. La playstation era la sua passione. Appoggiato alle sbarre della culla cercava di consolare la sorellina ricoprendola di baci.

Fu subito raggiunto dalle gambe meno agili della nonna che, con la voce ancora rauca, lanciò un grido: “che fai?”.

La domanda chiara e minacciosa aveva destato la curiosità di Riccardo facendolo balzare in un “attenti!” senza sapere da cosa, questa volta, avrebbe dovuto nascondersi o difendersi.

“Non lo sai che i bambini si baciano di notte?”

“…Di notte? Ma la notte dormono!”

 “Appunto” rispose la nonna un po’ stizzita e stupita per l’incapacità di cogliere l’ovvietà della sua domanda.

“Dovrei baciare la mia sorellina di notte mentre dorme…è un modo nuovo per svegliarla?”.

“Assolutamente no. Non devi farla svegliare”.

“Ma come potrebbe sapere che la sto baciando?”

“Ecco, ci risiamo” - esclamò la nonna mentre raccoglieva pigiami, calzini, giocattoli sparsi per la camera - “i bambini si baciano di notte perché non devono sapere che li stai baciando”.

Con un “mmmh” pensieroso e sbigottito Riccardo stava preparando la prossima domanda bloccata sul nascere da una risposta repentina: “Se si accorgono che li baci, ne approfittano. I bambini sono furbi. Ti rubano i baci per poi rivenderli con capricci e schiamazzi. Se si accorgono che gli vuoi bene, per te è finita!”.

“Ma così non sapranno mai che gli vuoi bene…”.

“A cosa serve saperlo? Se la gente si accorge che le vuoi bene, ne approfitta”.

Gli occhi stupiti di Riccardo si incrociarono con quelli della piccola Rossella che lo fissava aspettando, ignara, le prossime coccole. “E gli adulti?” - disse improvvisamente - “Gli adulti? Quando si baciano? Io li ho visti baciarsi in tutte le ore della giornata. Gli adulti possono baciarsi sempre?”.

“Gli adulti sono un’altra storia” rispose la nonna nascondendo il suo imbarazzo con una improvvisa attenzione verso la piccola che si ritrovò dondolata tra le braccia.

“Cioè?” si sentì chiedere ancora una volta.

“Non tutti gli adulti si baciano… e poi… ci sono anche adulti che si baciano solo di notte”.

A quanto pare il ragazzo stava graffiando la corazza della nonna, conosciuta da molti come la signora Martielli, una maestra in pensione che, contro il parere dei suoi genitori, era riuscita a diplomarsi nonostante fosse la più piccola di cinque fratelli e, sfidando il suo papà comunista, aveva messo su famiglia sposando un militare che la lasciò all’improvviso dopo averle regalato due figli. Così, nel 1953 si ritrovò a ventinove anni con due figli, trenta alunni e i due genitori anziani. Alcuni, non avendola più vista con un uomo e ignorando i due figli, continuavano a chiamarla “signorina maestra”, un titolo che le bruciava come un spruzzo di alcool su una ferita.

“E a mamma la baciavi di notte?” chiese il piccolo impertinente interrompendo pensieri e ricordi. “Certamente” gli rispose sottovoce mentre adagiava la piccola addormentata nella sua culla “Mi avvicinavo a lei e le davo ogni sera un bacio prima di andare a letto e al mattino appena mi svegliavo”.

“E al nonno?” rincalzò provocando nello sguardo della vecchia signora un forte imbarazzo celato da un ordine repentino: “Forza, vieni qui, prendi quelle lenzuola e mettiamole in ordine”.

Il ragazzino afferrò i lembi esterni delle lenzuola e, due passi indietro e due avanti, come una danza, iniziarono a ripiegare un telo di puro cotone sulla cui estremità si intravedevano fiori e foglie ricamate con fili di seta. Il profumo di sapone di Marsiglia si muoveva nella stanza come una musica, riempiendo di dolcezza il respiro. All’ultima piega, inebriato dall’atmosfera gioiosa, esclamò: “Nonna! Ora che sono più grande me lo dai un bacio di giorno?”.

Le gote rugose si colorarono di un rosa tenue, mentre le pupille diventarono brillanti come il cristallo. Per un attimo il profumo di Marsiglia si mutò in lavanda e la mente si aprì a ricordi legati come fascicoli con uno spago e depositati in cassetti mai più aperti. “Me lo dai un bacio?” erano le ultime parole di Luigi prima della sua partenza. Sentiva ancora sulle sue labbra il sapore di quell’attimo che le era rimasto incollato come lo zucchero filato in un giorno di festa, assieme alla paura di perderne il ricordo. Come quando con la lingua accarezzi frammenti di zucchero che, sciogliendosi velocemente, negano una seconda possibilità. Quel bacio di ceralacca aveva sigillato un dolore mai gridato.
 

Da allora ogni bacio era stato negato, ogni carezza frenata, ogni parola tenera si era infranta sullo scoglio dell’indifferenza.

Il lenzuolo, scivolato improvvisamente dalle mani, le diede l’occasione per piegarsi e, abbassati gli occhi, disse con tono mesto, “ora prendi le federe e pieghiamole prima che Rossella ricominci a piangere”.

E fu allora che Riccardo imparò che le ferite più antiche sono le più difficili da curare.

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