Nella icone l’immagine di Cristo,
di Maria e dei santi è circondata di un grande mistero. Gli iconografi
“scrivevano” le icone tenendo conto di schemi precisi con i quali raccontavano
il vangelo. I tratti con i quali vengono dipinti i soggetti religiosi sono
“impersonali” e più simbolici perché tutto (colori, forme, oggetti, sguardi,
posizioni del corpo) deve richiamare una verità che va oltre il dipinto stesso.
Sarà l’arte italiana, con il contributo di Giotto ad “umanizzare” le immagini
sacre.
Le icone mariane, giunte da
Costantinopoli, rappresentano il mistero della maternità di Maria, chiamata
Theotokos, la madre di Dio. Maria ha il bambino poggiato sulle gambe, la
posizione di entrambi è frontale e lo sguardo è fisso rivolto a chi li osserva,
e, mentre con una mano lo trattiene, con l’altra lo indica. Per questo Maria
viene chiamata l’Odegitria, colei che indica la via. Il bambino, di solito,
non è un infante ma un è in un età che gli permette di stare in piedi sulle
ginocchia della madre e il suo volto, a volte, ha i tratti di un adulto.
All’iconografo non interessa molto esprimere il legame tra la madre e il
bambino in termini affettivi quanto comunicare alcune verità della fede: la
divinità e umanità di Cristo, la maternità e la verginità di Maria, la grazia e
la natura che si intrecciano nella vita della madre di Dio. Tutto questo è
rappresentato dai colori: il rosso scuro esprime la grazia e, a volte, la
sofferenza; il verde al vita, le tre stelle la verginità di Maria prima,
durante e dopo il parto, il rotolo racchiude la benedizione di Dio
sull’umanità, ecc.
C’è un tipo di icona, chiamata
Eleousa o della tenerezza, che esprime la maternità di Maria in una vicinanza
più affettuosa col bambino Gesù. Nel volto di Maria si coglie maggiormente l’affetto
misto a tenerezza della madre. Il Bambino che le sta in braccio porge
amorevolmente le guance al volto della Madre e sembra cingerla in un affettuoso
abbraccio. I colori conservano i loro significati così come gli oggetti. L’Eleousa
sembra derivare dal prototipo di S. Luca anche se, la più antica rappresentazione,
risulta essere fatta interamente in avorio, ed essere di origine egiziana
dell’VIII secolo. Infatti tale icona è presente a Costantinopoli solo dall’XI,
XII secolo.
L’icona della Madre di Dio che
veneriamo nella nostra città mi sembra più vicina ad una Madonna della
tenerezza dove il legame tra la Madonna e il suo bambino ci lascia intravedere
con più chiarezza l’umanità della madre attraverso il capo chino sul bambino,
la dolcezza dei suoi occhi, la posizione della mano destra che piuttosto che
indicare, protegge e regge il bambino. Anche il bambino Gesù, mentre trattiene
il rotolo in una mano, con l’altra, piuttosto che benedire, è rivolta al collo
della madre.
Madre
di Dio e madre mia, Maria Madonna di
Costantinopoli, che lasciando nella tua cara immagine le lontane contrade
d’Oriente hai innalzato il tuo trono in mezzo a noi, mostraci sempre i tuoi
occhi sovrani e materni e ottienici dal tuo Figlio divino tutte le grazie
necessarie per l’anima e per il corpo, per noi, per le nostre famiglie, per la
nostra Città e per tutti i nostri fratelli.
Madre
di Dio e madre mia, Maria Madonna di
Costantinopoli, che nella tua cara immagine ti mostri sempre congiunta col
tuo bambino Gesù fa che non siamo mai separati da Lui per la colpa, ma che
siamo invece sempre uniti con Lui per la grazia, la virtù la santità in tutti i
giorni della nostra vita, e sino all’ultimo nostro respiro.
Madre
di Dio e madre mia, Maria Madonna di
Costantinopoli, che nella tua cara immagine ti mostri adornata di
splendente corona, come il tuo Figlio divino, fa che seguendo su questa terra i
vostri esempi, possiamo venire in cielo, a godere la tua gloria immortale, a
lodare per sempre gli augusti e dolci Nomi di Gesù e Maria.
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