Passa ai contenuti principali

Si domandavano che senso avesse tutto questo

Le donne, nel vedere la pietra rimossa dal sepolcro e non trovando il corpo di Gesù, si chiedono che senso avesse tutto questo. 

La pasqua porta con se una domanda di senso.

Le domande di senso fanno parte della nostra vita. Quelle più profonde nascono da un evento, da una situazione nuova. A volte, emergono dall’incon


tro con avvenimenti complessi: una malattia, la morte di una persona, il dolore, le ingiustizie. Altre volte, da eventi nuovi: la nascita, una scelta di vita, una relazione profonda. 

Per le donne che seguivano Gesù sarà successa la stessa cosa. Finito il riposo sabatico, andavano al sepolcro per ungere di olii il maestro. Cercavano di alleviare un dolore immenso, dinanzi al quale i più forti, gli apostoli, erano  scappati. 

L’olio profumato serviva per togliere l’olezzo della morte, per accarezzare, per l’ultima volta, un corpo che non avrebbero visto più. Certamente non serviva al cadavere, ma, probabilmente, era utile per loro;, avrebbe potuto risollevarle un po’ dal dolore che portavano nel loro cuore. Tutto questo ha senso. 

È un po’ come le nostre lamentele: a volte, sono carezze che profumano le nostre fatiche. Hanno un senso. 

Ma giunte al sepolcro tutto è cambiato, come un film in cui gli attori non seguono più un copione: trovano la pietra rimossa e l’assenza di Gesù.

Questa mancanza mi fa venire alla mente la sorpresa che, a volte, ci coglie dinanzi ai cambiamenti del tempo contemporaneo. In fondo, è come se ci trovassimo dinanzi a macigni, a certezze mutate che, una volta spostate, non ci fanno vedere più Gesù. Sono cambiate alcune abitudini, le relazioni sociali, i ruoli, gli orari, le leggi. Cose che, nel passato, erano ferme come un macigno sono state spostate lasciandoci intravedere l’assenza di Dio: nelle città, nelle relazioni, nella vita delle persone. 


Dinanzi ai mutamenti della storia, come le donne del vangelo, anche noi potremmo reagire in tre modi:

1. Continuiamo a compiere gesti e scelte che hanno il profumo dell’ovvietà: con queste copriamo, a volte, gesti, relazioni, situazioni che non esistono più. Cosi come saluti o sorrisi che, a volte, coprono relazioni mai chiarite, ferite rimaste aperte. O un po’ come gli auguri di pasqua che da questo pomeriggio iniziano a riempire le nostre chat. Il profumo dell’olio accompagna, a volte,  anche la celebrazione dei sacramenti o alcuni riti che, ostinatamente, continuiamo a celebrare pur sapendo che non scuotono più la vita di credente, tanto meno di chi non crede.

2. Il secondo atteggiamento è la paura. Questa emozione ci spinge o a scappare o a irrigidirci. Probabilmente le donne al sepolcro avrebbero voluto scappare ma sono rimaste impietrite. Così come potrebbe accadere a noi quando la pietra rimossa dal sepolcro ci lascia intravedere l’assenza di Gesù nella nostra cultura. Non è difficile riconoscere come gli avvenimenti che toccano la vita della chiesa (la diminuzione del clero, la secolarizzazione, l’indifferenza religiosa) a volte ci fanno paura, altre ci irrigidiscono. A differenza del passato, abbiamo a che fare con una nuova generazione che è indifferente al vangelo e alla chiesa. Quando ne prendiamo coscienza possiamo reagire o continuando a fare ciò che abbiamo sempre fatto (ungendo con gli olii profumati) o con paura, scappando dinanzi alle domande e irrigidendoci dinanzi alle sfide. 

3. Ma oggi siamo qui per ascoltare l’annuncio pasquale che è rivolto non a chi è fuori dalla chiesa, a chi non ha mai conosciuto Gesù. È rivolto alle donne che vorrebbero comprenderne il senso, ai discepoli che sono rimasti a casa impauriti. 

Il Vangelo della pasqua, questa notte, è rivolto proprio a noi: come se fosse la prima volta. 

L’annuncio fatto a queste donne è: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea”.

Non ne vale la pena continuare a cercare Gesù tra cose che sono morte o che provocano la morte nel nostro cuore. Anche questa volta siamo chiamati a ripartire da dove abbiamo iniziato: “ricordatevi come vi parlò quando era con voi”. Mi viene alla mente l’invito rivolto da Gesù, nell’apocalisse, alla chiesa di Efeso. Questa comunità era perseverante, prendeva le distanze da chi era cattivo, si affaticava, sopportava con fermezza le angherie per il vangelo. Ma, il Signore le rimprovera una cosa: ha abbandonato il suo primo amore. Potrebbe succedere anche a noi. Un po’ la pasqua ha questo sapore: è un invito a ricordare (riportare nel cuore) il primo amore.

Anche in questo caso l’invito è lo stesso: “ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima”.

La pasqua del Signore è per noi un memoriale vivo, un ricordo che agisce nel cuore, un evento che si attualizza nel mistero. Oggi per noi è pasqua, è rinascita, è ricominciamento. 

Tutto questo l’abbiamo ricordato attraverso l’ingresso del cero acceso, l’ascolto della Parola, il memoriale del Battesimo e dell’Eucaristia. 

Così Gesù è tornato in mezzo a noi, non con i segni della carne ma attraverso lo Spirito. La sua presenza ci fa vibrare il cuore come i discepoli di Emmaus, rinvigorisce le nostre gambe come le donne che ritornano dal sepolcro, ci meraviglia come Tommaso dinanzi alle piaghe di Cristo, ci invita a ritornare a seguire il maestro come Pietro sul lago di Tiberiade.  

Portiamo con noi questo dono che dinanzi agli avvenimenti del tempo contemporaneo, agli eventi e cambiamenti ci invita a mettere da parte gli olii dolciastri delle nostre lamentele, le abitudini che raccontano la menzogna di “esserci fatti da soli”. Lasciamoci stupire, come la prima volta, da una parola che non abbiamo mai ascoltato, da un incontro che, dopo averci fatto tremare le gambe, le irrobustisce per un nuovo annuncio. 

Ricordiamo cosa ci ha detto Gesù e, se ci accorgiamo che, a volte, la nostra fede è un po’ spenta o vuota, ritorniamo ad ascoltare il vangelo, come questa sera, come la prima volta, come il primo amore. 

Cosa ha spinto le donne verso il sepolcro? L’amore per un amico, per un maestro. Un amore che aveva il sapore delle consuetudini, dei linguaggi comuni, di un sentimento che avrebbe ceduto il posto all’ abitudine.

L’ incontro con il Risorto ha cambiato il loro sguardo sulla vita, il senso di ogni gesto, il ritmo del loro passo. Sia questa per noi la Pasqua.

Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

L'asciugamano: un pro-memoria per non lasciare i piedi bagnati

In questo anno pastorale abbiamo messo al centro della nostra riflessione il tema della “Comunità educante”. La parrocchia è il luogo in cui sperimentiamo percorsi educativi in cui tutta la comunità è educata dal Maestro alla vita piena del Vangelo.  Nei vangeli l’appellativo “maestro” (“rabbì”) è attribuito a Gesù in diverse occasioni ma solo nell’ultima cena Gesù stesso si auto-definisce maestro, unendo questo appellativo a quello di Signore. Quest’autodefinizione di Gesù rende il racconto dell’ultima cena unico non solo per i gesti compiuti ma anche per il significato che a questi viene attribuito dallo stesso Signore. Perciò, prima di dirci cosa dobbiamo fare, egli ci racconta qualcosa di se stesso. In quei gesti ci rivela un tratto fondamentale della sua vita.  Tutto questo non avviene con un discorso ma con la loquacità delle azioni che l’evangelista Giovanni ci descrive con una minuziosità e una ritualità che conservano  il loro fascino. Come Gesù ammaestra la sua ...

Lasciatevi trasformare

Nel prefazio dei defunti il sacerdote prega: “ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata”. Questa invocazione ricorda l’atto di fede del credente dinanzi al mistero della morte e, contemporaneamente, unisce la vita del discepolo di Gesù al suo Maestro riconoscendo l’azione di Dio in tutta l’esistenza del credente. Il Signore non ci toglie la vita ma la trasforma.  In quest’azione di Dio, ossia dare una forma nuova, mi sembra di poter cogliere il senso profondo della Pasqua del Signore.  Cosa stiamo celebrando?  Certamente non un anniversario o un ricordo antico, ma un evento che ha cambiato la storia del mondo e la vita dei discepoli. Un incontro, una relazione che hanno il potere di trasformare. Quando amiamo una persona, lo stare con lei, necessariamente ci trasforma, ci cambia. Attraverso lei impariamo a conoscere tratti della nostra personalità o dimensioni della vita che prima ci erano nascosti o non completamente chiari.  Un'amicizia, un gra...