Passa ai contenuti principali

27 maggio: Adornata di splendente corona


Il titolo di Regina e Signora rivolto a Maria potrebbe sembrare posticcio poiché le corone poste sul suo capo e su quello del bambino ricordano l'incoronazione della Madonna da parte del Capitolo Vaticano nell'anno 1781. 
L'uso di incoronare le immagini della Madre di Dio è attribuito alla predicazione del cappuccino fra Girolamo Paolucci de' Calboli da Forlì (1552-1620). 
L'incoronazione della Vergine avveniva al termine di un ciclo di predicazione. Di solito le corone venivano realizzate con l'argento e l'oro donato dai fedeli in segno di penitenza. 
Il Capitolo Vaticano accoglieva le domande d’incoronazione solo se accompagnate da documenti che provavano l’antichità, la venerazione e il carattere miracoloso dell'immagine. 
La corona posta sul capo della Madre di Dio ha sottolineato un segno che era già presente nell’iconografia stessa. La Madonna, infatti, è dipinta con un mantello di color rosso scuro. Questo colore ottenuto mescolando il rosso con l’azzurro dava diverse tonalità al manto che ricopre il capo e la spalla di Maria. Il manto era chiamato Maphorion, dal greco omos (spalla) e pherein (portare), ed era indossato dalle donne sposate. Il colore era indica la regalità, la sacralità: Maria viene rappresentata come la signora piena della grazia di Dio che ricopre l’intera persona della Madonna, lasciandoci intravedere la sua umanità rappresentata dal colore verde, simbolo della natura e della vita. Maria è la madre sempre vergine: le tre stelle che coprivano il maphorion ricordano il mistero della verginità di Maria (prima, durante e dopo il parto). Nel bambino, invece, vi è un equilibrio tra i due colori, quasi a ricordare che nel figlio vi sono le due nature divina e umana che coprono e rivelano la persona di Gesù che è rappresentato a piedi nudi in segno di umiltà. Gesù, nuovo Adamo è vestito con i colori dell’umanità e rivestito con una color rosso più luminoso quasi a sottolineare lo splendore della grazia che in Lui si rivela. La purezza e la santità di Maria si intravedono nell’abito bianco arricchito da un ricamo color oro. 
Mentre nella seconda strofa Maria si mostra unita al bambino Gesù manifestandoci la maternità, nella terza strofa Maria di mostra regina e signora perché ricoperta della grazia di Dio. 
Il simbolo dei colori non sempre è stato valorizzato. Ciò è evidente, per esempio, nel colore degli abiti dell’immagine portata in processione dove i colori sono invertiti o completamente modificati. Lasciamoci interpellare dalla varietà e bellezza che accompagnano la Madre di Dio. 

Madre di Dio e madre mia, Maria Madonna di Costantinopoli, che lasciando nella tua cara immagine le lontane contrade d’Oriente hai innalzato il tuo trono in mezzo a noi, mostraci sempre i tuoi occhi sovrani e materni e ottienici dal tuo Figlio divino tutte le grazie necessarie per l’anima e per il corpo, per noi, per le nostre famiglie, per la nostra Città e per tutti i nostri fratelli.

Madre di Dio e madre mia, Maria Madonna di Costantinopoli, che nella tua cara immagine ti mostri sempre congiunta col tuo bambino Gesù fa che non siamo mai separati da Lui per la colpa, ma che siamo invece sempre uniti con Lui per la grazia, la virtù, la santità in tutti i giorni della nostra vita, e sino all’ultimo nostro respiro.

Madre di Dio e madre mia, Maria Madonna di Costantinopoli, che nella tua cara immagine ti mostri adornata di splendente corona, come il tuo Figlio divino, fa che seguendo su questa terra i vostri esempi, possiamo venire in cielo, a godere la tua gloria immortale, a lodare per sempre gli augusti e dolci Nomi di Gesù e Maria.


Commenti

Post popolari in questo blog

Il Verbo si fece carne. La piccola via della santità

  A Betlemme, 2000 anni fa, è avvenuto qualcosa di straordinario, inimmaginabile: Dio ha scelto di diventare uno di noi, di essere presente nella storia dell’umanità attraverso la vita, le parole, i silenzi di Gesù di Nazareth. Oggi siamo qui per fare memoria di questo grande mistero con l’umiltà dei pastori e lo stupore dei magi.  In una notte qualsiasi si è accesa una piccola luce in una delle tante casette di Betlemme e, nel vagito di un bambino, è iniziata la storia di Dio in mezzo a noi. L’incarnazione di Gesù è un mistero avvolto dal silenzio, dalla contemplazione e ci chiede il salto dello fede. In cosa crediamo? a. La presenza di Dio Innanzitutto, il Natale di Gesù ci dice che Dio desidera stare con gli uomini, parlare con loro come ad amici, essere presente con la sua carne, la sua storia, la sua vita. Nella naturale indifferenza della città, Dio si fa presenza. Essere presenti vuol dire accorciare le distanze! Egli “scende dalle stelle” e “viene in una grotta”.  A volte si

L'asciugamano: un pro-memoria per non lasciare i piedi bagnati

In questo anno pastorale abbiamo messo al centro della nostra riflessione il tema della “Comunità educante”. La parrocchia è il luogo in cui sperimentiamo percorsi educativi in cui tutta la comunità è educata dal Maestro alla vita piena del Vangelo.  Nei vangeli l’appellativo “maestro” (“rabbì”) è attribuito a Gesù in diverse occasioni ma solo nell’ultima cena Gesù stesso si auto-definisce maestro, unendo questo appellativo a quello di Signore. Quest’autodefinizione di Gesù rende il racconto dell’ultima cena unico non solo per i gesti compiuti ma anche per il significato che a questi viene attribuito dallo stesso Signore. Perciò, prima di dirci cosa dobbiamo fare, egli ci racconta qualcosa di se stesso. In quei gesti ci rivela un tratto fondamentale della sua vita.  Tutto questo non avviene con un discorso ma con la loquacità delle azioni che l’evangelista Giovanni ci descrive con una minuziosità e una ritualità che conservano  il loro fascino. Come Gesù ammaestra la sua comunità? com

Lasciatevi trasformare

Nel prefazio dei defunti il sacerdote prega: “ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata”. Questa invocazione ricorda l’atto di fede del credente dinanzi al mistero della morte e, contemporaneamente, unisce la vita del discepolo di Gesù al suo Maestro riconoscendo l’azione di Dio in tutta l’esistenza del credente. Il Signore non ci toglie la vita ma la trasforma.  In quest’azione di Dio, ossia dare una forma nuova, mi sembra di poter cogliere il senso profondo della Pasqua del Signore.  Cosa stiamo celebrando?  Certamente non un anniversario o un ricordo antico, ma un evento che ha cambiato la storia del mondo e la vita dei discepoli. Un incontro, una relazione che hanno il potere di trasformare. Quando amiamo una persona, lo stare con lei, necessariamente ci trasforma, ci cambia. Attraverso lei impariamo a conoscere tratti della nostra personalità o dimensioni della vita che prima ci erano nascosti o non completamente chiari.  Un'amicizia, un grande affetto, un