omelia di Pasqua
All’alba della domenica di Pasqua
Gesù appare a Maria di Magdala, a Pietro e Giovanni, e, nel vespro, agli Apostoli,
ai discepoli di Emmaus.
Gesù appare ai discepoli
Il verbo “apparire” è utilizzato
con un duplice significato:
- Il primo fa emergere una dicotomia, una contraddizione. Utilizziamo questo verbo per sottolineare la distanza fra ciò che è vero, essenziale, nascosto e ciò che, invece, si mostra: appare ma in realtà non è così. Questo atteggiamento – ci ricorda Gesù nei vangeli - potrebbe caratterizzare anche l’uomo di fede che si preoccupa di far vedere, di apparire, di mostrare. Non a caso mette in guardia i sacerdoti, gli scribi e i farisei.
- Il secondo significato è presente nei Vangeli della risurrezione dove Gesù appare ai discepoli. Qui l’apparire, come sottolinea s. Giovanni, ha le caratteristiche della luce. Apparire non vuol dire nascondere ciò che vero ma, al contrario, farlo conoscere, mostrarlo.
Perciò dal modo con il quale Gesù
sceglie di apparire (pensiamo ai discepoli di Emmaus o alle apparizioni sul
lago di Tiberiade) possiamo cogliere 4 elementi:
- Gesù cammina con i discepoli, si fa trovare sul luogo dove gli apostoli sono tornati a lavorare, entra in casa. Il primo atteggiamento è quello della condivisione. Gesù appare condividendo la storia, le paure, i dubbi, le fatiche, le delusione dei discepoli.
- Gesù si mette in ascolto. Accoglie le domande, fa silenzio e permette all’altro di esprimersi.
- Gesù mostra se stesso attraverso il segno delle sue fragilità: il pane, le ferite della croce, la sua fame. Il Maestro non pretende di dimostrare, ma si mostra e lo fa con linguaggi semplici.
- Gesù scompare. Appena viene riconosciuto, il Maestro va via. Il suo apparire, però, lascia un segno nel cuore dei discepoli, una domanda, uno stupore. A differenza delle cose apparenti che si dileguano senza segnarci, le apparizioni del Signore cambiano la vita. Pensate al racconto dell’apparizione di Gesù a Paolo.
Questi 4 atteggiamenti, mentre mi
hanno fatto gioire nel riconoscere tutte le volte che il Signore è apparso
nella mia vita, mi hanno anche interrogato.
In questo tempo è emersa con più
intensità la domanda: dov'è Dio?
E, probabilmente, ci siamo messi alla ricerca
di Dio chiedendoci perché non appare così come è scritto nei vangeli?
Quando
abbiamo paura, siamo delusi o stanchi, come i discepoli dopo la morte di Gesù,
potremmo ritornare a fare ciò che facevamo prima, tornare indietro con i
discepoli di Emmaus o metterci alla ricerca di apparizioni e visioni,
dimenticando che il modo di apparire di Gesù è differente dal nostro bisogno di
apparire.
Nel nostro tempo apparire può
voler dire influenzare, emergere, farsi sentire, dimostrare, vantarsi. Viviamo
tutti una sorta di narcisismo mediatico.
Pensiamo a quanta cura si ha
nella vita politica nel misurare secondi o i minuti in cui si appare sugli
schermi. All’uso dei social, alla preoccupazione di contare i like, di fare a
tutti i costi un commento, all’attenzione data dalla rete agli influencer e
alle loro opinioni. Ciò che accomuna tutti è la preoccupazione di apparire non
solo le donne e gli uomini dello spettacolo. In questo tempo tutti siamo stati
costretti ad apparire su uno schermo, a mostrarci all’altro per poterlo
incontrare.
Ma è sufficiente apparire per
esser presenti nella storia o il modo di mostraci potrebbe essere già un
annuncio del vangelo?
Chi si accontenta solamente di
apparire:
- non si preoccupa di camminare con gli altri ma cerca il modo di usarli, di rubare il loro consenso o anche la loro disapprovazione;
- non ha voglia di ascoltare quanto, piuttosto, di parlare, dire, raccontare;
- non mostrerebbe mai le sue fragilità, cancellerebbe qualsiasi errore o sbavatura, hanno bisogno di dire parole forti e convincenti;
- e, soprattutto, non si metterebbe da parte, né dopo essersi mostrato vorrebbe non scomparire dagli schermi. Piuttosto è preso da una sorta di bulimia che lo porta ad essere presenti ovunque, a cercare i primi posti, a riempire schermi, piazze, notizie. Un bisogno insaziato di presenza.
Oggi nel celebrare la Pasqua raccontiamo
le apparizioni di Gesù. Ricordiamo che il nostro Maestro e Signore si mostra
camminando accanto a noi, ascoltandoci e lasciandoci parlare. Lui non cerca il
nostro consenso e che dopo averci trovati, continua a nascondersi per farsi
cercare ancora.
È questo il motivo per cui anche
il nostro parlare di Lui non può assumere altri linguaggi, non può avere altre
pretese se non quelle di camminare affianco a chi cerca Dio con discrezione,
amorevolezza e senza giudizio. È questa la ragione per cui scegliamo di dire
una parola in meno, fare un passo indietro, non far sapere ad una mano ciò che
fa l’altra.
È per questo che non cerchiamo di
dimostrare l’esistenza di Dio con tanti discorsi ma preferiamo mostrare la
bontà del Signore che “sceglie ciò che nel mondo è stolto per confondere i
sapienti, ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” (1 Cor 1,27-28).
È questa consapevolezza che ci
chiede di misurare la nostra presenza nel mondo con la logica del lievito e del
sale che non pretendono di essere ovunque o di occupare, a qualsiasi costo,
tutti i posti.
Il Cristo risorto è
simboleggiato, nella veglia pasquale, da un cero acceso che resta per tutto
l’anno nella chiesa. Il cero ci ricorda che il Signore risorto appare in mezzo
a noi come una luce: non abbaglia, non nasconde, non confonde.
Come la luce
Gesù appare nella nostra vita e ci permette di vedere ciò che altrimenti non
avremmo visto, ci aiuta a riconoscere nel groviglio delle nostre strade la via
che ci riempie di gioia, ci riempie di stupore nell'attesa del giorno senza
tramonto.
Da cosa possiamo riconoscere,
allora, la presenza del Risorto?
Dal segno che lascia nel nostro cuore, dal
profumo della libertà, dal calore che resta nel nostro cuore e ci aiuta a non
vivere più per noi stessi. Quando il Risorto appare non ci lascia come ci ha
trovati.
Preghiamo gli uni per gli altri
perché, dopo questo lungo tempo di desolazione, come il profeta Giobbe,
possiamo dire: “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti
hanno veduto” (Giobbe 42,5).
Buona Pasqua
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