Ciao Saverio[1],
mentre mi chiedevo cosa proporre alla nostra Comunità per il tempo di
Avvento mi sono imbattuto nel tuo post
su Facebook.
Ti domandavi che senso avesse tenere
aperte le chiese in questo periodo così complesso a causa dell’emergenza
Covid attribuendo questa concessione alla “longa manus” del potere
ecclesiastico che, alla fine, riesce sempre ad ottenere ciò che vuole.
Non so se le cose siano andate così e, non ti nascondo che, se fosse
vero, mi dispiacerebbe molto. Ma vorrei dirti, senza presumere di mutare la tua
opinione, perché, secondo me, la scelta di tenere aperte le chiese per le
celebrazioni abbia delle conseguenze buone per tutti, non solo per i cristiani.
Ma permettimi due premesse:
1.
Sono pienamente d’accordo
con te sulla responsabilità che ognuno
debba avere nella prevenzione del contagio. Penso che ognuno debba fare
tutto il possibile perché non vi siano occasioni di assembramento e che si
rispettino le norme igienico-sanitarie.
2.
Le attività di una
parrocchia sono tante: la catechesi, le attività con i ragazzi e i giovani,
riunioni di gruppi, raccolte di fondi per i bisogni della chiesa e dei poveri,
processioni, ecc. Dal mese di marzo abbiamo rinunciato a tutte queste attività.
Abbiamo “ridotto” le innumerevoli
attività e gruppi parrocchiali a due sole esperienze: le opere di carità e
la celebrazione della Messa.
Fatte queste premesse vorrei condividere con te alcuni pensieri.
Sai, penso che in questo tempo sia salutare per tutti, anche per chi
non crede, sapere che nelle nostre Città ci sia un luogo in cui alcune persone
si ritrovano a pregare.
Il nostro tempo ci sta mettendo drammaticamente difronte al mistero della malattia e della morte. Due esperienze a cui non
rispondiamo solo con il dolore e la sofferenza.
Il dolore nasce dal confronto con il nostro limite fisico, psicologico
o relazionale e provoca in noi sofferenza ponendoci domande di senso e
significato. Questa è una delle esperienze che rende l’essere umano unico rispetto
a tutti gli altri esseri che, pur percependo un dolore fisico, non
riuscirebbero ad elevare questo stato d’animo a domanda o ricerca di senso.
La cura per il Covid o altre malattie (a volte incurabili) non è
riducibile solo ad un farmaco o un vaccino. Potremmo essere fisicamente sani ma
profondamente malati nell’animo, tristi, angosciati o soli. C’è una frase della
Bibbia che potrebbe sintetizzare questo: “non
di solo pane vive l’uomo”.
Ad una società ripiegata su stessa, incapace di fermarsi e riflettere
mi piacerebbe che la Messa fosse un richiamo a valori o ideali più grandi.
Penso che farebbe bene alle nostre società ricordare che l’uomo ha in se stesso
significati che lo trascendono, che lo rendono prezioso. Se questo fosse
patrimonio comune, proveremmo più disdegno per chi pensa di monetizzare la vita
di un anziano o trarre un beneficio dalla morte dei più deboli rispetto a
società forti.
C’è una seconda considerazione che vorrei condividere con te.
In questi giorni i fedeli che partecipano a Messa sono necessariamente
diminuiti: alcuni perché in quarantena o malati, altri perché anziani o
fragili, altri perché hanno ritenuto più prudente restare a casa e pregare
seguendo le celebrazioni televisive. Un numero ridotto ha continuato a venire
in Chiesa. Una comunità adulta e matura
sa cosa scegliere. Forse è il tempo di riconoscere ai cristiani laici la
dignità di pecore e non di “pecoroni”. Ti assicuro che molti hanno scelto con
coscienza la cosa più giusta per se e per gli altri senza giudizi, interventi o
minacce da chicchessia. Penso sia finito (o stia finendo) il tempo in cui i
laici cristiani si facevano condurre senza guardare nelle scelte particolari della
propria vita. Noi crediamo che Gesù ci abbia insegnato la via della libertà e,
anche se riteniamo giusto seguire regole e norme, siamo anche certi che, per
citare il Maestro, “il sabato sia fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”.
Sappiamo bene che la vita cristiana si alimenta anche in casa, con la
lettura del Vangelo o con le opere di carità. Lo abbiamo fatto per tre mesi
rinunciando anche alle celebrazioni pasquali e alcuni lo fanno ancora attendendo
tempi migliori. Mi piacerebbe, però, che chi ha scelto di agire, con prudenza e
responsabilità, in altre maniere non fosse vissuto come un povero bigotto mosso
da sensi di colpa o regole clericali ma come una persona adulta che si prende cura anche del proprio cuore. Se
così non fosse penso che anche una, dieci, cento messe non cambierebbero molto
la sua vita.
Nella storia ci sono state grandi rivoluzioni e grandi uomini che le
hanno provocate. Ma tutte avevano una forza interiore che ha permesso a molti
di andare controcorrente, di fare scelte impopolari e forti. Per i cristiani la Messa è la sorgente di
questa forza. Se non ci fosse, le opere di carità sarebbero tentate più
facilmente dalla stanchezza e dall’egoismo, le nostre relazioni non si lascerebbero
intenerire dal perdono e dalla misericordia, i nostri sogni si frantumerebbero
con le fatiche della vita quotidiana.
Caro Saverio,
avrei voluto incontrarti e condividere con te questi pensieri (sono
certo che non mancheranno le occasioni) ma ho pensato di scriverti questa
lettera perché le tue considerazioni mi hanno aiutato a riscoprire, all’inizio
dell’Avvento, il senso di un gesto e un incontro che viviamo ogni giorno.
Un abbraccio
d. Mimmo
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